Transizione verde alla prova dei fatti. Come stanno le cose nelle nostre città?

In tempi di PNRR è facile interrogarsi sulle principali trasformazioni in atto, almeno sulla carta e nei progetti. Digitale e ambiente sono le principali sfide post pandemiche. Nell’ambiente, oltre al verde, rientrano una serie di questioni che vanno dall’energie alternative ai rischi idrogeologici, passando per il consumo del suolo e tanto altro. In maniera più semplice, ma non certo banale, uno degli aspetti che riguarda, o almeno dovrebbe riguardare, le nostre città, è la forestazione urbana. Termine iperbolico certo, ma rappresentativo di un obbiettivo ambizioso: piantumare milioni di nuovi alberi in tutto il Paese, all’interno di aree urbane, dove si generano i peggiori effetti per l’ambiente ed il clima.

Luigi Sani, dottore forestale e arboricoltore, da tempo prova a sensibilizzare cittadini e amministratori pubblici, circa una maggiore cura del verde nelle città.

Partiamo dall’importanza di un aspetto: la comunicazione. Come è possibile che nonostante gli sforzi comunicativi non si sia arrivati ad una consapevolezza allargata a cittadini e amministrazioni, che il verde non sia un pericolo ma una risorsa? 

Perché gli sforzi non ci sono stati. Il problema è dovuto al modo con cui si ragiona. Manca la consapevolezza della gestione dei rischi e la conoscenza approfondita del verde. Gli amministratori pubblici avvertono il pericolo di sentirsi tirati in ballo per eventuali incidenti derivanti da rami o alberi che cadono, e reagiscono con abbattimenti. Così si rischia di confondere causa con conseguenza, e di alimentare ulteriori aggravi in termini di qualità dell’aria, di salute pubblica e di sicurezza idrogeologica.  

Sarebbe opportuno fare un percorso di conoscenza: i cittadini devono cercare di acquisire più informazioni, gli amministratori mostrare più coraggio

Viviamo un periodo storico in cui il tema dei cambiamenti climatici determinano uno stato di allerta costante. Anche questo incide nella percezione di un pericolo che in realtà è conseguenza e non causa di quanto sta accadendo?

L’allerta serve agli addetti ai lavori per intervenire subito. Quelle alla popolazione devono essere associate all’educazione al comportamento. Un’allerta senza istruzioni alla cittadinanza non ha senso.

Si parla tanto anche di manutenzione del verde pubblico, ma sembra che ci sia poco know how in chi agisce o supervisiona le attività manutentive, nonché negli amministratori che stentano a dotarsi di risorse e strumenti utili a riguardo.

Non c’è cultura sulla materia: nello specifico valutazione e stabilità di un albero non vengono insegnate da nessuna parte, se non c’è conoscenza non possiamo attenderci di avere manodopera qualificata. Spesso accade che ci siano uffici comunali incapaci di recepire le indicazioni di esperti e tecnici.

Quanto incide la questione economica nelle scelte degli amministratori pubblici? I fondi PNRR tendono realmente ad una transizione verde, oppure i progetti sono escamotage per nuove opere, cementificazioni e ad un uso improprio di suolo e ambiente?

Tutti dicono che i soldi non ci sono, invece non mancano, anzi, ce ne sono tanti ma si spendono male e si utilizza il discorso pericolosità per indirizzare gli investimenti. Esiste un’economia dell’ambiente: si deve monetizzare il capitale arboreo, si deve comprendere che il verde rende, a partire dai benefici per la salute pubblica. Le ASL sono consapevoli che il concetto di “one health” – salute complessiva- non può fare a meno dell’ambiente, a partire da quelli urbani in cui la stragrande maggioranza delle persone vive.

Aumentano a dismisura le isole di calore in città a causa dei tanti abbattimenti, giustificati spesso dalla necessità di riqualificare gli spazi pubblici. Si può ridurre il tutto ad una conta tra abbattimenti e nuove piantumazioni?

Ci sono due problemi. Il primo è che esiste un bilancio arboreo ed ha un senso, ma bisogna tener conto della complessità delle specie e dei turni. Una volta piantati gli alberi dobbiamo assicurarci l’efficienza dell’albero per decenni. In Francia, sui viali, i turni sono definiti per 60 anni. Bisogna garantire la funzionalità ecosistemica degli alberi nel corso dei decenni. Il secondo problema è dato dalla manutenzione e soprattutto dalla mancanza di un piano concreto per alberare le città. Quando si parla di cambiamenti climatici bisogna intervenire lì dove si determinano i maggiori effetti: le città. Piantare in città subito e bene, non fuori e male.

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